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Trento, 12 gennaio 2004
VAL JUMELA E VALDASTICO, PASSATO O FUTURO DEL TRENTINO?
Comunicato stampa di Roberto Bombarda

Con la recente sentenza del Consiglio di Stato, sembra essersi definitivamente chiusa la “battaglia” sulla Val Jumela. Parlo impropriamente di battaglia poiché, come nel caso delle battaglie combattute con le armi, non vi sono ne’ vincitori, ne’ vinti. Dopo tutte le battaglie ci sono invece alcuni che guadagnano ed altri che perdono, principalmente dal punto di vista economico. Sulla Jumela possiamo sapere chi guadagnerà, come al solito in pochi, e chi perderà, come al solito in molti. Anzi, al di fuori della Val di Fassa perderanno tutti i trentini. E non solo. Perché modificando le caratteristiche della Val Jumela ridurremo ulteriormente le aree naturali del Trentino, che sono un bene di tutti, di straordinario valore. Anche economico. Ma si dovrebbe avere la pazienza intergenerazionale di lasciare qualcosa di integro anche ai nostri figli, invece che sfruttare tutto per il bene dei fatturati di alcune aziende.

Del resto non mi sembra che la situazione economica della Val di Fassa fosse drammaticamente tale da rendere necessaria un’opera della quale il Trentino poteva fare tranquillamente a meno. Al limite, dando alla stessa Val di Fassa il doppio dei contributi previsti per i nuovi impianti, per migliorare ulteriormente l’offerta sciistica attuale, purché fossero salvaguardate le ultime aree naturali. Dimostrando così che non si vuole limitare lo sviluppo (“danneggiare”, secondo qualcuno) della valle ladina, bensì la si invita a seguire anche nuove strade che nei prossimi decenni potrebbero dimostrarsi vincenti. Non si tratta di essere contrari a priori alle infrastrutture, alle strade, agli impianti a fune. Tutto questo serve per migliorare il nostro benessere, la cosiddetta qualità della vita dei residenti e degli ospiti: ma ci sono opere di cui si sente grande necessità e magari vanno a vantaggio di tutti, ed altre che sono superflue e vanno a vantaggio di pochi. La mia convinzione, come quella di migliaia di trentini, è che la Jumela faccia parte di questa seconda classe e la mia speranza è che il capitolo Jumela sia parte di un libro di storia che il Trentino lascia alle sue spalle.

Quando il presidente Dellai ha presentato alla coalizione il suo programma e, più di recente, gli obiettivi di metodo e di merito nel breve periodo ha parlato di “modernizzazione sostenibile” del Trentino. Un concetto tanto bello ed ambizioso, quanto difficile da tradurre in linee politiche chiare ed ancor più difficile da realizzare in obiettivi concreti.

Con tutti i limiti che possono nascere dalla mia collocazione politica tento di offrire una possibile interpretazione a questo slogan di Dellai – l’uso degli slogan è una prerogativa dei leader - che mi affascina molto e che probabilmente il presidente ha ben chiaro in mente.

Per me modernizzazione sostenibile dovrebbe significare, ad esempio, guardare alle migliori esperienze internazionali – anche per quanto riguarda le attività economiche ad a quelle turistiche tra queste – cercando di elaborare iniziative che si adattino alle caratteristiche del territorio e del tessuto produttivo e sociale del Trentino. Modernizzazione dovrebbe derivare infatti da innovazione, capacità di elaborare, di usare bene l’autonomia per creare qualcosa di originale; sostenibile, lo sappiamo bene, vuol dire durevole nel tempo. Il principio numero uno della Convenzione delle Alpi afferma in merito che “gli interessi ecologici, economici e sociali sono considerati equamente; le esigenze ecologiche vanno poste in primo piano segnatamente quando ciò è necessario a proteggere le persone residenti in loco e a conservare le basi naturali della vita”. Una provincia che si dichiara attenta all’apertura dovrebbe tener conto dei principi sanciti negli accordi di livello internazionale…

Per restare nel campo turistico, la giunta provinciale adottò nella scorsa legislatura un documento a mio avviso ottimo, in linea con questi principi, ovvero l’atto di indirizzo sul turismo, che orientava il comparto verso obiettivi di qualità che sono esattamente il contrario (o quasi) di quanto abbiamo visto a cavallo di capodanno nelle località sciistiche trentine. Quando non solo i turisti, ma anche molti residenti sono rimasti in “ostaggio” del movimento turistico. Senza demonizzare quanto accaduto e senza dimenticare il beneficio economico derivante da questi assalti, non posso non segnalare che in quei momenti si è passato decisamente il limite della sostenibilità. E richiamo tutti sulla necessità di interventi che evitino o limitino il ripetersi di questi disagi nei prossimi anni: sappiamo inventare qualcosa?

Modernizzazione sostenibile dovrebbe dunque voler dire sforzarsi per fare in Trentino qualcosa di veramente nuovo, non necessariamente diverso da quanto fanno già alcuni paesi più virtuosi del nostro, cercando dunque di non ripetere sempre gli stessi investimenti ma ipotizzando pure soluzioni alternative. Che nel medio e lungo periodo potrebbero creare dei benefici maggiori anche da un punto di vista strettamente economico. Con buona pace per quelle persone che credono che investire nella tutela dell’ambiente sia una perdita di tempo e di soldi. Ho l’impressione che il Trentino, il ricco Trentino, preferisca evitare la fatica di tracciare delle vie nuove – chi fa le tracce nella neve sa quanta fatica costi seguire una nuova via – accontentandosi di seguire sempre la stessa strada. Che ha sicuramente portato dei vantaggi, ma che non garantisce rispetto al mutamento dei tempi, alla variazioni del clima o dei gusti della clientela. A che cosa ci serve l’Autonomia se non per essere laboratorio? ha ricordato Dellai ai partner. E’ vero. Il problema sta proprio qui. Ed è, su scala differente, lo stesso problema che affligge i centri di ricerca. Vuoi per le rigidità del gigante burocratico, vuoi per gli interessi di parte o di valle, vuoi per una crescente pigrizia mentale, in Trentino si fa fatica ad inventare qualcosa di nuovo ed una volta che lo si fa viene decuplicata la fatica per trasformare questa idea in innovazione e per far sì che questa innovazione si traduca in attività concrete che creano occupazione, ricchezza e tutta una serie di vantaggi normalmente non quantificati dagli economisti, che potremo ricondurre sotto il titolo di “qualità della vita”.

Un altro degli ultimi atti del passato governo provinciale è stato quello di riconoscere i 156 siti della rete “Natura 2000”, introducendo per essi la valutazione d’incidenza così da tutelarne gli aspetti naturali più caratteristici. Ebbene, nel complesso di tratta del 25 per cento del territorio provinciale. Un quarto di Trentino che attende di essere trasferito alle future generazioni il più incontaminato possibile; ma per questo fine deve essere governato anche con idee innovative, coinvolgendo e motivando dal basso tutta la comunità trentina, ascoltando anche i giovani, visto che sarà il loro patrimonio di domani. Già, i giovani. Senza retorica, prima del piano urbanistico, del piano delle acque, del piano della mobilità, servirebbe un piano per consentire a tutti i nostri giovani di crescere culturalmente e socialmente, di diventare cittadini del mondo, consapevoli delle ingiustizie e delle sofferenze che ancora affliggono milioni di loro coetanei.

Perché non cominciare da qui – dall’ambiente e dai giovani - una via nuova per lo sviluppo del Trentino, anziché da un milionario piano delle strade calato dall’alto? Questo sì che sarebbe un bell’esempio di modernizzazione sostenibile!

Chiudo con il riferimento ad un'altra “battaglia”, ancora più pesante di quella della Jumela, cioè il completamento della Valdastico. Un tema che andrebbe messo da una parte almeno fino a quando non si presenta qualcuno che dimostra di avere i soldi – oltreché la volontà o l’ambizione politica – per realizzarla. E che non siano soldi finti come quelli della Parmalat o della Cirio… Mi domando come si possa pensare di modernizzare in maniera sostenibile il Trentino costruendo delle opere che aumenteranno sensibilmente il traffico su gomma lungo l’asta dell’Adige. Mi sforzo di non avere dei pregiudizi nei confronti di quest’opera: ma francamente non vedo dove i vantaggi economici, ambientali e sociali derivanti dalla sua realizzazione siano superiori agli stessi vantaggi derivanti dal non farla!

Spero che qualcuno mi spieghi, nel modo più obiettivo possibile, che modernizzare in modo sostenibile il Trentino significa seguire logiche da anni Sessanta, in un territorio che però non ha più gli spazi e le necessità di quegli anni. Se modernizzare significa guardare avanti, essere lungimiranti, mi sembra che le opere citate siano invece quanto di meno innovativo e meno originale tra le varie possibilità di scelta.

Anche per la Valdastico, come per la Jumela, se la costruiremo saremo dunque tutti sconfitti. Ma sono certo che nonostante ciò, come alla fine di tutte le battaglie, qualcuno ci guadagnerà!

Roberto Bombarda
Consigliere provinciale Verdi e Democratici per l’Ulivo

 

     

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